Atlante dell'Energia

Energia dal mare: moto ondoso e maree

È possibile trasformare in energia elettrica l’enorme energia del movimento dell’acqua marina, in particolare sotto forma di usso di marea oppure di moto ondoso. È in via di sviluppo una tecnologia applicabile solo a luoghi particolari e adatta soprattutto al consumo locale.

• Che cos’è l’energia mareomotrice?

• Come si possono “catturare” le onde per mettere in moto una turbina?

Tra quelle rinnovabili, l’energia associata al movimento delle acque marine è la meno convenzionale (e anche la meno conosciuta), eppure la continuità del moto ondoso e la periodicità delle maree sono fenomeni che tutti noi possiamo osservare. Vi sono tre meccanismi diversi che riguardano il movimento delle acque e che sono utilizzabili a scopo energetico: • le maree , dovute all’attrazione gravitazionale del sistema Terra-Luna-Sole ( • Figura 1 ); • il moto ondoso , causato dal vento e dalla conformazione dei fondali presso la costa; • le correnti marine , provocate ancora dall’azione del vento ma soprattutto da differenze di temperatura e salinità tra acque superfciali e profonde. L’ energia mareomotrice è la forma di energia ottenibile dall’ escursione (o ampiezza) di marea , ovvero dalla differenza di livello tra l’alta e la bassa marea, che in certe zone costiere può superare anche 15 metri. Nel periodico alternarsi del livello del mare, in alcune località – per esempio tra la Francia e le Isole Britanniche – si spostano enormi masse d’acqua in tempi relativamente brevi: le escursioni tra 5 e 15 metri sono tali da essere sfruttabili. La centrale mareomotrice più potente al mondo è stata inaugurata

nel 2011 in Corea del Sud: durante l’alta marea l’acqua marina fuisce in un bacino artifciale chiuso da una diga, dove con la sua pressione muove turbine simili a quelle delle centrali idroelettriche; quando la marea si abbassa, l’acqua viene rilasciata in mare. In Europa, l’unica centrale mareomotrice di grandi dimensioni è quella in esercizio fn dal 1966 presso Saint-Malo, in Bretagna ( • Figura 2 ): una diga lunga circa 750 metri sbarra e incanala l’onda di marea presso l’estuario del fume Rance, convogliandola in impianti dove fa ruotare delle turbine. L’impatto sull’ecosistema costiero è limitato perché le turbine sono totalmente immerse e ruotano a velocità relativamente bassa. Un altro modo per sfruttare l’energia mareomotrice, che non prevede lo sbarramento di tratti fuviali o la creazione di bacini artifciali prossimi alla costa, impiega pale rotanti sommerse poste su pali di sostegno ancorati al fondale e collegate a turbine. Questi impianti, detti “a fusso di marea”, sono particolarmente effcienti se posizionati in stretti bracci di mare, dove le maree si “incanalano” naturalmente; le pale sommerse funzionano secondo lo stesso principio delle turbine eoliche,

• FIGURA 2 - Foto panoramica della centrale mareomotrice di Saint-Malo, in Bretagna.

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può essere utilizzata per produrre energia elettrica con apposite “macchine termiche”; questa energia è definita talassotermica . I vari sistemi raggruppati sotto la sigla OTEC ( Ocean Thermal Energy Conversion ) sfruttano proprio le differenze di temperatura dell’acqua di mari e oceani per produrre energia elettrica. Per funzionare necessitano di almeno 20 °C

di escursione termica, e sono perciò limitati alla fascia tropicale. Si tratta di impianti che possono essere posti su piattaforme marine ( nel disegno ), lungo le coste o su navi dedicate. Nelle isole Hawaii (Oceano Pacifico) dal 1996 è attiva una piccola centrale sperimentale, ma sono allo studio impianti di dimensioni maggiori.

tanto che nelle regioni tropicali la temperatura dell’acqua superficiale è mediamente di 20 °C superiore alla temperatura dell’acqua profonda. Mettendo in comunicazione le due masse d’acqua con opportuni sistemi di serbatoi e tubature, tale escursione di temperatura

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