Atlante dell'Energia

USARE BENE L’ENERGIA

• FIGURA 2 - Termovalorizzatore di Würzburg, Germania.

Sempre più spesso i termovalorizzatori si sostituiscono ai vecchi inceneritori, sebbene le questioni sulla scelta dei siti in cui costruirli siano molto dibattute; la loro gestione richiede complesse misure di sicurezza per ridurre e controllare le emissioni in atmosfera. Il ciclo di funzionamento dei termovalorizzatori è suddivisibile in quattro fasi principali. • Fase 1 – Ingresso dei materiali: i riuti solidi urbani (RSU) devono arrivare all’impianto solo a valle di un accurato, efciente processo di selezione e differenziazione; vengono triturati ed essiccati in modo da “omogeneizzare” il combustibile, che viene quindi immesso nel forno. • Fase 2 – Combustione: nel forno si raggiunge una temperatura di circa 1000 °C; i residui incombusti sono avviati a una camera di post- combustione per il denitivo incenerimento. Queste condizioni prevengono la formazione di diossine. • Fase 3 – Recupero termico: il calore sprigionato dalla combustione viene avviato a circuiti in cui scorre l’acqua calda destinata al teleriscaldamento o alla produzione di energia elettrica per mezzo di turbine a vapore. • Fase 4 – Trattamento dei fumi di scarico e delle ceneri residue: prima di essere immessi nell’atmosfera, i fumi prodotti dalla combustione sono convogliati a un sistema di ltraggio che risponde a precisi requisiti di legge; le ceneri vengono invece raffreddate, rese stabili e conferite in discariche speciali. La termovalorizzazione è quindi un processo estremo di “recupero” dei riuti, con una buona efcienza ed emissioni controllate; ciò non deve far dimenticare l’importanza di produrre meno riuti possibile, e di differenziare e riciclare.

anche piccolissime unità di cogenerazione per uso domestico, a volte in grado non solo di produrre calore ed energia elettrica ma anche di raffrescare gli ambienti utilizzando la stessa quantità di combustibile: in quest’ultimo caso si parla di impianti di “trigenerazione”. Lo stesso principio su cui si basa la cogenerazione – ossia non sprecare l’energia termica, nemmeno quella un tempo considerata “di scarto” – è alla base dello sviluppo dei termovalorizzatori , detti anche “inceneritori a recupero energetico”; si denisce termovalorizzazione l’aumento del “valore” di un materiale ritenuto povero o di scarto, come appunto i riuti, per mezzo di un trattamento termico. In sintesi, questi impianti bruciano riuti non differenziabili né riciclabili; l’energia termica generata dalla combustione viene utilizzata per produrre energia termoelettrica e/o per alimentare impianti industriali e reti di teleriscaldamento.

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riciclabili, per esempio carta, vetro, plastica, metalli; 4 ) valorizzare la parte organica dei rifiuti, dalla quale si può ricavare compost (fertilizzante) o bioenergia;

❱ Secondo le stime dell’ ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) nel 2010 ogni italiano ha prodotto circa 536 kg di rifiuti, un dato stabile, in linea con gli standard di molti paesi occidentali. Parallelamente va aumentando la quantità di rifiuti prodotti nei paesi di recente industrializzazione: mantenendo questi standard, nel 2030 l’umanità dovrà smaltire circa il 50% di rifiuti in più rispetto alla quantità attuale. Una prospettiva

insostenibile. Che cosa si può fare per invertire la rotta? Cinque azioni:

1 ) cercare di ridurre l’uso di imballaggi e di prodotti “usa e getta”, riducendo la quantità di rifiuti; 2 ) riutilizzare gli oggetti prima di gettarli via; 3 ) differenziare di più e meglio i materiali

5 ) destinare i rifiuti non riciclabili alla termovalorizzazione anziché alle discariche.

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